Essere italiani oggi, senza indignarsi.
Ci
avviciniamo all’inverno in un clima di maggiore ottimismo rispetto al 2012. Il
“malefico” spred appare meno preoccupante degli anni scorsi, la produzione
industriale, dopo molti anni di enesorabile rialzo, sembra in leggera ripresa
nonostante le delocalizzazioni, il rallentato credito bancario e soprattutto il
calo crescente dei consumi, nonché i ritardati pagamenti dello Stato e degli Enti locali. C’è, purtroppo, la stagione
dei contratti e un “Patto di stabilità” che non promettono niente di stabile
sul piano politico e sindacale. Infatti, dopo la spaccatura del partito di
Berlusconi e la presa di posizione della componente governativa facente capo ad
Alfano, quest’anno non pagheremo l’IMU sulla prima casa. Il PD, grazie
all’imposizione sugli immobili sul modello di “service tax”, riformula le tasse
con elementi di maggiore progressività. Sugli effetti della legge, cosiddetta
“Patto di stabilità”, secondo i vertici dell’Europa, le prospettive dell’economia
italiana inducono a valutazioni ancora pessimistiche. Sul piano politico,
invece, i partiti italiani, vecchi e nuovi, o in via di “costruzione”, sono
tutti in fibrillazione. Occorreva che cambiasse la società italiana per
arrivare ai cambiamenti dei partiti. Infatti la società di oggi non è più la
società degli anni ’60 e ’70, e quindi è necessario prenderne atto, e adeguarsi
prima che l’antipolitica abbia il sopravvento in modo populista o, addirittura,
anarcoide. La crisi coinvolge tutti i partiti; quelli di destra, di
sinistra e di centro. Prosperano (attualmente) i cosiddetti “Grillini” per la
comprensibile indignazione dei cittadini; spettatori inermi di fronte ad uno
spettacolo degradante; fatto di “Porcellum”, di ruberie, di sprechi, d’incompetenza,
di carrierismo e di vuoti proclami. Dunque, la società d’oggi non si controlla
più con facili promesse ed apparati pletorici e burocratici; i partiti non
possono dare più risposte valide e concrete alla società italiana sempre più
complessa se non possiedono una classe dirigente seria, preparata ed onesta;
che dispongano strutture di analisi del sociale e dei mutamenti del mondo del
lavoro e dell’economia globalizzata. E’ necessario ridare fiducia e speranza al
cittadino, soprattutto alle nuove generazioni. Leggere la situazione italiana
attraverso l’osservatorio artigiano di Mestre, le analisi dell’Asso Industria
per bocca del Presidente Squinzi; i dati e le cifre della confederazione del
Commercio ci sente quasi trascinati nel
mezzo di uno scenario sconvolto dalla tempesta e dominato dalla desolazione.
Le
analisi non contengono soltanto una spietata denuncia del calo costante della
crescita economica e del cosiddetto PIL, ma anche i mali del Bilancio dello
Stato e quindi dell’economia del Paese. Tra questi mali c’è l’esigenza di
semplificare un complesso rapporto tra finanza statale e finanza regionale e
degli enti locali in un quadro di più rigoroso controllo della spesa. Detto
questo, è necessario sorreggere il Governo Letta nello sforzo immane che è
chiamato a compiere; e cioè, compiere la “quadratura del cerchio” in un clima
avvelenato tra le forze politiche. Mai come in questi ultimi anni si è invocato
concordia e amore per il bene comune, per il Paese, per la famiglia.
Assistiamo, invece a contrapposizioni tribali altro che ideologiche. Non è
servita a niente l’esperienza dirompente del partito armato del terrorismo.
Però occorre ancora sognare: sognare la “Grande riforma istituzionale” per dare
spazio e idealità alla nuova classe dirigente del nostro bistrattato Paese. E
poi, solo i giovani hanno diritto alla protesta, che è sintomo di maturità e
presa di coscienza di una nuova società che ha necessità di nuove spinte ideali
ma anche di fatti concreti sul futuro delle nuove generazioni. La particolare
sensibilità dei giovani, soprattutto quelli delle isole e del Sud in genere, di
avvertire e di assumere posizioni di pungente critica, è il sintomo più
evidente del “loro” impegno civile; la protesta contro la degenerazione
politica, che ha trasformato i partiti in fantomatiche aziende personali,
capaci di sformare programmi elettorali ingannevoli, “slogans”, e promesse da
marinai, senza carica ideale, né politico né sociale. A cinquanta dalla morte
di Kennedy, i fatti storici ci dimostrano che la reazione conservatrice è
sempre in agguato, pronta a colpire ogni nuova idea di cambiamento.
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