mercoledì 8 agosto 2012


LA CITTÀ DEI PROGETTI IRREALIZZATI

di Massimo Ruffilli

Il piano regolatore del 1962 di Edoardo Detti aveva tracciato i con­torni di una nuova città. Una città che in realtà era una vasta area urbana che riuniva quelle che oggi sono diventate tre province: Firenze, Prato e Pistoia.
Vi era indicata una viabilità di scorrimento veicolare veloce denomi­nata "asse attrezzato" che eliminava il laccio ferroviario di Campo di Marte, un aeroporto baricentrico ben orientato a ovest, nella zona di San Giorgio a Colonica presso Campi Bisenzio, un grande centro di­rezionale denominato "Porto di Firenze" nell'area a nordovest della città e un sistema di trasporti su ferro tra alta velocità e metropolita­na, tutto prevalentemente ubicato nel sottosuolo. I piani regolatori sono fatti per dare le linee di indirizzo progettuale allo sviluppo delle città ma, nel nostro caso, il piano del 1962, porta­to peraltro a esempio e a modello delle discipline urbanistiche in Ita­lia e all'estero, non ha sortito questo esito, anzi, a distanza di tanti anni, possiamo riscontrare che quelle linee di indirizzo progettuale, così bene indicate e descritte nel Piano regolatore, non solo non so­no state rispettate, ma hanno ottenuto l'esito e l'effetto contrario. L'area metropolitana non si è unita, quanto semmai divisa, l'"asse at­trezzato" non è stato realizzato. Il laccio ferroviario si è rafforzato in superficie chiudendo anche le strade che si potevano percorrere con i passaggi a livello. L'aeroporto a San Giorgio non si è fatto, così co­me non si è realizzato il centro direzionale. La metropolitana che uni­va le città non si è realizzata e al suo posto vi è attualmente soltanto una tranvia per Scandicci: tralasciamo il resto perché il discorso ci porterebbe lontano.
Ma abbandoniamo la scala urbanistica e passiamo ai progetti più mi­nuti, quelli che interessano la città in scala più ridotta.
Ludovica Zarrilli sul «Reporter» dell'Aprile del 2012 fa una carrellata di progetti minori, un «viaggio tra le idee e proposte che non hanno mai visto la luce a Firenze». Proposte che, se si fossero realizzate, avrebbero già dato un nuovo volto alla città, più vivibile e affasci­nante. La redattrice parte dalle proposte più recenti: la pavimenta­zione in cotto di piazza Signoria. Quando il sindaco Renzi è tornato a proporre questa soluzione che sicuramente avrebbe dato una nuo­va, bella immagine a questa splendida piazza-salotto visitata ogni an­no da ben venti milioni di turisti, pur definiti "mordi e fuggi", in no­me di un turismo frettoloso e distratto. Le polemiche sono scoppia­te in modo così fragoroso che il progetto è stato accantonato subito, in fretta e furia.
La loggia, all'uscita degli Uffizi, in piazza del Grano, con il progetto vincitore del concorso, del grande architetto giapponese Arata Isoza-ki, si è arenato da diversi anni fra le polemiche e i pareri a favore e contro espressi da esperti, sovrintendenti e politici, col risultato che non se n'è fatto di nulla.
La facciata di San Lorenzo, progettata e iniziata da Michelangelo e mai completata, è un altro progetto-idea caro a molti fiorentini, tra i quali il sottoscritto, che non riesce a trovare una soluzione definiti­va, tantomeno provvisoria, effimera o temporanea. Il progetto, più volte rilanciato da Eugenio Giani, di collegare il For­te Belvedere con la parte bassa del centro storico con un sistema di scale mobili è un'altra proposta assolutamente condivisibile e di buon senso, ma che non ha mai avuto una realizzazione concreta e nem­meno una progettazione esecutiva.
Un sistema di battelli per il turismo fluviale sull'Arno per riportare navigazione sul fiume di Firenze è un'altra proposta spesso reitera-ta.ma mai giunta neppure a un progetto di fattibilità. Un grande parco giochi localizzato nella piana fiorentina e dedicato ai bambini dell'area vasta è un'altra aspirazione che la città richiede da tempo senza vedere alcuna risoluzione concreta. E ormai passato ben più di un secolo da quando l'architetto Giusep­pe Poggi ridisegnò con eccellente capacità e creatività la nuova Fi­renze capitale. Da allora, purtroppo, dei tanti progetti presentati ben pochi sono stati realizzati e la nostra città rimane sempre più preda di un turismo banale, di un degrado insopportabile e di un continuo depauperamento dei beni culturali che testimoniano la sua splendi­da storia.



I DEHORS, I PACCHIANI "SALOTTI" DELLE TRATTORIE FIORENTINE


di Giovanni Malanimo.
Ritorno  ancora una volta, anche sollecitato dal direttore Gian­ni Conti, su un argomento relativo al decoro degli spazi pub­blici: vie e piazze di questa città. Sulla volgare crescente occu­pazione dei luoghi, anche i più prestigiosi e sensibili a qualsiasi intru­sione. I salotti buoni di Firenze e quindi dei fiorentini sono diventati gli stessi dei vari gestori, e proprietari di locali per la ristorazione. Per camuffare il tutto è stata usata una accattivante parolina esotica: l'av­verbio francese dehors (fuori), per indicare quelle strutture che vanno dalle semplici pedane recintate, ai più ingombranti gazebo, fino a ve­re e proprie costruzioni in acciaio e vetro. Piazza San Giovanni, piaz­za della Signoria, piazza della Repubblica, tre luoghi simbolo della cit­tà, sono stati letteralmente invasi da queste strutture.
In piazza San Giovanni, a nord del Battistero, è stata occupata quasi l'intera carreggiata stradale, tanto da limitare la mobilità dei nume­rosi pedoni, in gran parte turisti. Saremmo quasi tentati di rimpian­gere il fatto che da lì non ci sia passata la tranvia. In piazza della Si­gnoria, su i due lati che fronteggiano il Palazzo Vecchio, di anno in anno stanno avanzando i tavolini, giunti ormai fino a metà piazza. Mi domando il motivo per cui sia stata fatta la proposta, interessan­te, di riquadrarla in campiture di cotto; per l'uso che se ne fa tanto vale lasciarla cosi com'è. In piazza della Repubblica, che ricalca l'an­tico foro romano, tra l'altro la più deputata a ospitare queste strut­ture che fino a oggi convivevano piacevolmente con quel luogo libe­rato da tempo dal traffico, sono stati realizzati sul suolo pubblico dei veri e propri "edifici" di acciaio e vetro, costruiti quasi in concorren­za con quelli che perimetrano la piazza. Chissà cosa direbbero gli sto­rici personaggi frequentatori delle Giubbe Rosse. Tralasciamo, per carità di patria e per non abusare della pazienza dei lettori, tutte le al­tre piazze e strade nelle solite condizioni, che concorrono anch'esse al generale degrado della città, dove talvolta questi interventi costi­tuiscono anche un intralcio alla sicurezza della circolazione.
Avevamo sperato che la nuova "cultura dei vuoti" e la solerzia con cui si è fatta "piazza pulita" di alcuni luoghi prestigiosi, fosse stata real­mente tale. Evidentemente ci eravamo sbagliati. Questi vuoti sono stati rapidamente riempiti nel modo in cui abbiamo visto. Una sor­ta di megamangificio dove regna sovrana lei: la pizza. Ma dove si so­no rifugiati, oltre all'amministrazione comunale, l'organo di tutela ambientale come la Soprintendenza? Forse è giunto il momento di ripensare questa politica con un po' più di misura e attenzione, ma soprattutto di rispetto per questi luoghi unici al mondo.