FIRENZE, CITTÀ CAPITALE
DELLA BELLEZZA di Massimo Ruffilli
Centocinquanta
anni sono passati e la nostra città, che Philippe Daverio e altri osservatori
attenti definiscono "assopita", si appresta a rievocarne
l'anniversario. Ma a chi si domanda dove sono andati a finire quegli spiriti
irrequieti che stavano costruendo l'unità nazionale, i patrioti del caffè
Michelangelo, i pittori della macchia, i letterati come il Lorenzini e il
Manzoni, i collezionisti come lo Stibbert, i politici come il Ricasoli e il
Peruzzi, viene da rispondere oggi con Matteo Renzi e la sua giovane squadra
d'assalto. Firenze produce sempre personaggi d'avanguardia che influenzano la
società. Dunque, questo non avveniva solo in quegli anni decisivi per l'Italia
unita, ma avviene ancor oggi nell'Europa della grande crisi economica. Vi è un
aspetto, che più d'ogni altro caratterizza, senza se e senza ma, il carattere
della città. Un aspetto che non viene messo in discussione da nessuno e che
riassume in se stesso la vera anima di Firenze: la bellezza.
Questa
città è bella. E un dato oggettivo. Siamo circondati dalla bellezza. Ci
pervade, ci accompagna, ci fa innamorare, ci fa godere. Vittorio Sgarbi, che è
uno dei pochi autori fermamente convinto dell'oggettività della bellezza e
sulla quale ha scritto numerosi libri, sostiene che alla bellezza ci si
avvicina per passione, per istinto, per amore.
Larte
è uno dei potenti promotori della bellezza. L'arte che viene goduta
visceralmente, emotivamente. Firenze provoca emozioni, godimento, sensazioni
irripetibili. La bellezza si gode attraverso i sensi, sostiene Sgarbi, non si
fruisce solo razionalmente, ma si vive con passione e la si gode sia che essa
appartenga a una donna, a un'opera d'arte o addirittura a una città. Dunque
Firenze, "la città sul monte", come la definiva Giorgio La Pira,
Firenze che rimane la città capitale della bellezza, dell'arte che vince lo
spazio e il tempo, che non si consuma
Certo, il mondo cambia e
la società si evolve. Il turismo di élite dell'Ottocento, con la borghesia e
l'aristocrazia europea e americana che comprava le ville fiesolane definite dal
bel libro di Alessandro Panajia «esilio di bellezza», oggi non si percepisce
più come allora.
Tuttavia la bellezza non
perde la sua attualità nemmeno nell'epoca del turismo di massa e della città
contemporanea.
Firenze, sostiene ancora
Philippe Daverio, è diventata un grande duty free, un
"turistodromo" cosmopolita e assolutamente straordinario nella sua
peculiarità.
Certo vi è una notevole
differenza tra i Demidoff e i turisti russi di oggi, così come vi è differenza
tra gli "anglo-beceri" come Berenson, Rockefeller o Wright, e le
torme di studenti americani che schiamazzano in via de' Benci e in Santa
Croce.
Ma questo non cambia il
senso del concetto di bellezza che caratterizza indissolubilmente la nostra
città. Mark Twain ebbe a definire il panorama di Firenze come «l'immagine più
bella del pianeta, la più incantevole a guardarsi, quella che appaga gli occhi
e lo spirito».
È in questa città che sono
nati i movimenti d'avanguardia artistica più importanti del Novecento. Da
Ardengo Soffici a Mino Maccari, da Marinetti a Papini nello storico caffè delle
Giubbe Rosse.
Dunque, anche se oggi
Firenze ha «cambiato i parametri della propria internazionalità» non ha ancora
perduto la sua caratteristica specificità che l'ha resa tanto famosa nel
mondo: la sua bellezza.
L'Italia,
quella che oggi attraversa una grave crisi economica, era diventata, nel
dopoguerra, una delle principali potenze industriali del mondo. La ragione vera
di questo che venne definito "il miracolo economico" era, tuttavia,
da attribuire a una particolare caratteristica che John Kenneth Galbraith, alla
Harvard University aveva così definito: «L'Italia ha incorporato, in tutti i
suoi prodotti, una componente essenziale di cultura e, pur avendo
infrastrutture molto carenti e componenti amministrative e politiche non
rilevanti, può vantare, nel proprio standard di vita, una eccezionale quantità
di bellezza. Così, pii che l'indice economico del Pil, nel futuro, il livello
della bellezza diventerà sempre più decisivo per indicare il progresso di
quella società».
Massimo
Ruffilli , Presìdente Automobil Club
Tratto
da : IL GOVERNO DELLE IDEE diretto da Gianni Conti Mensile
n. 128