lunedì 26 gennaio 2015




FIRENZE, CITTÀ CAPITALE DELLA BELLEZZA di Massimo Ruffilli
 

Centocinquanta anni sono passati e la nostra città, che Philip­pe Daverio e altri osservatori attenti definiscono "assopita", si appresta a rievocarne l'anniversario. Ma a chi si domanda do­ve sono andati a finire quegli spiriti irrequieti che stavano costruen­do l'unità nazionale, i patrioti del caffè Michelangelo, i pittori della macchia, i letterati come il Lorenzini e il Manzoni, i collezionisti co­me lo Stibbert, i politici come il Ricasoli e il Peruzzi, viene da ri­spondere oggi con Matteo Renzi e la sua giovane squadra d'assalto. Firenze produce sempre personaggi d'avanguardia che influenzano la società. Dunque, questo non avveniva solo in quegli anni decisivi per l'Italia unita, ma avviene ancor oggi nell'Europa della grande crisi economica. Vi è un aspetto, che più d'ogni altro caratterizza, senza se e senza ma, il carattere della città. Un aspetto che non viene mes­so in discussione da nessuno e che riassume in se stesso la vera ani­ma di Firenze: la bellezza.

Questa città è bella. E un dato oggettivo. Siamo circondati dalla bel­lezza. Ci pervade, ci accompagna, ci fa innamorare, ci fa godere. Vit­torio Sgarbi, che è uno dei pochi autori fermamente convinto dell'og­gettività della bellezza e sulla quale ha scritto numerosi libri, sostiene che alla bellezza ci si avvicina per passione, per istinto, per amore.

Larte è uno dei potenti promotori della bellezza. L'arte che viene go­duta visceralmente, emotivamente. Firenze provoca emozioni, godi­mento, sensazioni irripetibili. La bellezza si gode attraverso i sensi, so­stiene Sgarbi, non si fruisce solo razionalmente, ma si vive con pas­sione e la si gode sia che essa appartenga a una donna, a un'opera d'arte o addirittura a una città. Dunque Firenze, "la città sul monte", come la definiva Giorgio La Pira, Firenze che rimane la città capitale della bellezza, dell'arte che vince lo spazio e il tempo, che non si consuma

 e non passa di moda e che si aggiorna quotidianamente attraverso una costante azione di tutela che resta tutt'ora all'avanguardia nel mondo. Ma la città d'arte non deve essere soltanto tutelata, deve essere go~ dura e «proprio dalla possibilità del suo godimento può trarre il mi­glior beneficio economico».

Certo, il mondo cambia e la società si evolve. Il turismo di élite del­l'Ottocento, con la borghesia e l'aristocrazia europea e americana che comprava le ville fiesolane definite dal bel libro di Alessandro Pana­jia «esilio di bellezza», oggi non si percepisce più come allora.

Tuttavia la bellezza non perde la sua attualità nemmeno nell'epoca del turismo di massa e della città contemporanea.

Firenze, sostiene ancora Philippe Daverio, è diventata un grande duty free, un "turistodromo" cosmopolita e assolutamente straordinario nella sua peculiarità.

Certo vi è una notevole differenza tra i Demidoff e i turisti russi di oggi, così come vi è differenza tra gli "anglo-beceri" come Berenson, Rockefeller o Wright, e le torme di studenti americani che schia­mazzano in via de' Benci e in Santa Croce.

Ma questo non cambia il senso del concetto di bellezza che caratte­rizza indissolubilmente la nostra città. Mark Twain ebbe a definire il panorama di Firenze come «l'immagine più bella del pianeta, la più incantevole a guardarsi, quella che appaga gli occhi e lo spirito».

È in questa città che sono nati i movimenti d'avanguardia artistica più importanti del Novecento. Da Ardengo Soffici a Mino Maccari, da Marinetti a Papini nello storico caffè delle Giubbe Rosse.

Dunque, anche se oggi Firenze ha «cambiato i parametri della pro­pria internazionalità» non ha ancora perduto la sua caratteristica spe­cificità che l'ha resa tanto famosa nel mondo: la sua bellezza.

L'Italia, quella che oggi attraversa una grave crisi economica, era di­ventata, nel dopoguerra, una delle principali potenze industriali del mondo. La ragione vera di questo che venne definito "il miracolo eco­nomico" era, tuttavia, da attribuire a una particolare caratteristica che John Kenneth Galbraith, alla Harvard University aveva così definito: «L'Italia ha incorporato, in tutti i suoi prodotti, una componente es­senziale di cultura e, pur avendo infrastrutture molto carenti e com­ponenti amministrative e politiche non rilevanti, può vantare, nel pro­prio standard di vita, una eccezionale quantità di bellezza. Così, pii che l'indice economico del Pil, nel futuro, il livello della bellezza di­venterà sempre più decisivo per indicare il progresso di quella società».

Massimo Ruffilli , Presìdente Automobil Club

Tratto da  : IL GOVERNO DELLE IDEE    diretto da Gianni Conti  Mensile  n. 128