venerdì 5 agosto 2011

SINDACI, SI CAMBIA. Gianni Conti

                                               SINDACI, SI CAMBIA.
                              ATTESA UNA CULTURA SOCIALE NUOVA

di Gianni Conti
Da Milano a Napoli, passando per Torino e Bologna, il Pdl del Cavaliere e la Lega Nord di Bossi hanno perso piuttosto malamente, obiettivamente per proprio demerito, le ammi­nistrative che il premier aveva condotto con impegno personale, non risparmiando la credibilità del governo nazionale. È chiaro e lam­pante che il risultato negativo è opera del mancato consenso degli elettori del centro-destra. Infatti, l'affermazione di sindaci, cosiddet­ti "spuri", cioè non espressione diretta del maggiore partito d'oppo­sizione, avvalora il significato del voto determinante dei delusi del Po­polo della libertà. Il calo del centro-destra è imputabile a una serie di fattori negativi a livello di conduzione di governo e di partito, fra i quali: il privilegiare i temi personali anziché quelli delle vere riforme. Le promesse del Cavaliere di questi anni sono state tutte disattese, salvo un'incompleta riforma della scuola. Dunque le elezioni del mag­gio scorso hanno assunto connotazioni più politiche che ammini­strative. Le amministrazioni rinnovate, escluse Torino, purtroppo, so­no state un mezzo disastro; in alcune un totale fallimento. Ma per­ché avvenga un salutare ricambio, occorre una vera e proponente opposizione che sappia alzare una bandiera di buon governo. Il che significa uscire dal piccolo cabotaggio e, soprattutto, non mettere in linea uomini con scarsa esperienza amministrativa. Infatti, solo nei Comuni si è veramente a contatto con i problemi quotidiani della gente. Il tema della città deve essere sempre attuale. Ad oggi, salvo ra­re eccezioni, l'attesa della gente è andata delusa; le domande dei gio­vani non sono state soddisfatte, in particolare nel mondo del lavoro. E poi, quale presenza dei cattolici nelle città? Andrebbe ritrovata una forte idealità; quella tradizione storica, umana e culturale a cui gran parte del popolo italiano ancora appartiene.


Anche i cattolici sono stati coinvolti in questa crisi delle città. Eppu­re, in questo momento difficile del nostro Pae­se, c'è necessità di ri­creare la speranza, so­prattutto nei giovani. Un partito di cattolici capace di mettere in evidenza la necessità di creare una cultura so­ciale nuova, da un lato, capace di affrontare gli
inconvenienti derivanti dal mito dell'efficienza e del profitto fine a se stesso e, da un altro lato, favorisca tutti in un impegno di solidarie­tà, per migliorare la vita dell'uomo. Con la globalizzazione occorre fare molto di più: tutelare il posto di lavoro di chi lo possiede, ma an­che di creare le condizioni che possano procurare lavoro a tutti colo­ro che chiedono di lavorare onestamente nella legalità. Però, siamo consapevoli che la comunità cattolica è ideologicamen­te disomogenea, perché la religione non ha nulla a che vedere con una costrittiva scelta ideologica. Una religione non può assumere un modello ideologico e, soprattutto, le sue implicazioni politiche. Il no­stro auspicio, di fatto, è rivolto ai cosiddetti "cristiani moderati" che nutrono diffidenza nei confronti degli estremismi. Crediamo sia utile che la Chiesa mantenga la capacità di parlare e di essere ascoltata da tutto il Paese, anche da chi non è cattolico. I con­tinui appelli del presidente della Cei, cardinale Bagnasco, a riscopri­re e praticare la dottrina sociale della Chiesa, ad oggi, hanno ricevu­to scarsa accoglienza.
Il silenzio dei cattolici impegnati in politica a livello nazionale è di­ventato preoccupante, considerata la crisi del mondo del lavoro. In­fatti, di fronte all'ingigantirsi della crisi nel Medio Oriente e all'ag­gravamento, in prevalenza su scala europea (Grecia, Irlanda, Porto­gallo e Spagna in particolare) dei problemi economici, i nostri partiti appaiono sostanzialmente inadeguati e impotenti a proporre solu­zioni per tutto il Nordafrica e i paesi arabi, compresa la questione im­migrati. Tutto questo crea sfiducia nell'opinione pubblica verso le for­ze politiche e le istituzioni, eccetto la buona considerazione sulla Pre­sidenza della Repubblica.