lunedì 28 aprile 2014

AVVISO

Siamo spiacenti di dover rinviare al mese di OTTOBRE il seminario del 10 - 05 - 2014 per indisponibilità dei locali del comune causa elezioni.

Il seminario sarà recuperato il giorno SABATO 4 OTTOBRE 2014, il luogo vi sarà comunicato tempestivamente a mezzo e-mail.

Scusandoci per il disagio porgiamo cordiali saluti

la vice-presidente
Gioietta Pietroniro

venerdì 11 aprile 2014

 
 

BREVIARIO PER PARLAMENTARI INESPERTI

Ugo Ojetti non era fiorentino. Era nato a Roma nel 1871 e SUO padre Raffaello era un affermato architetto. A Firenze però trascorse la seconda metà della sua vita.

Ojetti ebbe una vita intensa di lavoro. Critico d'arte, brillante giornalista e saggista, fu soprattutto un uomo intelligente e curioso, sempre interessato a mille cose, sempre intento a scrivere, a scoprire nuovi talenti. Laureato in giurisprudenza, si era dato al giornalismo politico. Nel 1894 aveva iniziato a collaborare a La Tribuna come inviato Speciale in Egitto. L'anno successivo si era fatto un nome pubblicando Alla scoperta dei letterati, un libro d'interviste a Scrittori come Fogazzaro, Carducci e D'Annunzio. Quel libro lo mise sulla Strada della critica d'arte e gli aprì la collaborazione a giornali e riviste come «Il Marzocco», il «Fanfulla della Domenica», «La Stampa». Nel 1901 era a Parigi per «Il Giornale d'Italia. Dal 1904 al 1909 collaborò a «Illustrazione italiana» con lo pseudonimo di Conte Ottavio.

Nel 1905 SI sposò con Fernanda Gobba e si trasferì a Firenze, dove prese dimora in un villino in via dei Della Robbia. Nel 1911 acquistò la villa del Salviatino dove visse fino alla fine dei suoi giorni (i gennaio 1946). Di essa divenne padrone e signore, lui che era chiamato "il giornalista principe".

Il Salviatino era appartenuto in antico al banchiere Alamanno d'Averardo Salviati che nel 1531 l'aveva acquistato dai Dal Borgo e l'aveva fatto completamente ristrutturare ricavandone una grandiosa dimora. Nelle mani di Ojetti era diventata «una fra le più vive e più note Ville di Firenze, scrive il Lenzi Orlandi, «una di quelle ville rappresentative, fotografate, pubblicate, ricordate negli articoli delle più diffuse riviste del mondo, perché essa è stata l'abitazione lussuosa, restaurata con ogni cura, arredata con splendida munificenza dal gusto e dalla raffinata signorilità d'un fiorentino d'adozione, Ugo Ojetti». Dal SaIviatino passarono i nomi più prestigiosi dell'arte e delle lettere italiani e stranieri da lui accolti con la più signorile ospitalità.

Marcello Vannucci mi raccontava di una volta che, giovanissimo, lo aveva incrociato sul cancello di quella villa mentre usciva. Era l'ora del tramonto, l'ora più struggente della giornata e Marcello vide quella figura di gentiluomo da manuale (il monocolo sempre fisso all'occhio destro), con l'aria di un cavaliere appena sceso dal suo cavallo, stagliarsi contro il cielo rosso del tramonto e attraversare la scena come un prim'attore che se ne va tirando un sipario di porpora fra lui e la platea. Scoppiata la prima guerra mondiale, era partito volontario, e, con il grado di sottotenente, aveva fatto parte della Commissione per la salvaguardia delle opere d'arte nelle zone di guerra. Contemporaneamente fu anche commissario dell'ufficio stampa e propaganda del Comando Supremo e come tale si diceva che fosse l'autore del celebre bollettino finale firmato da Diaz, "quello della vittoria". Inoltre era stato ancora lui a scrivere il secondo volantino dei due che furono lanciati su Vienna il 9 agosto 1918 da D'Annunzio durante il suo celebre volo. Tirato in 30000 copie, aveva avuto più fortuna del primo, scritto da D'Annunzio stesso, che era più lungo, verboso e intraducibile in tedesco. Dopodiché era tornato a casa con una onorevole medaglia di bronzo e i gradi da capitano.

Dopo la guerra aveva fondato a Milano «Dedalo» e a Firenze «Pegaso» e poi «Pan», riviste d'arte molto importanti fra le due guerre. Fu lui che scoprì giornalisti come Orlo Vergani, Paolo Monelli, Indro Montanelli. Fu lui che lanciò nelle sue riviste giovani scrittori come Giuseppe De Rohertis, Pietro Pancrazi, Guido Piovene o Eugenio Montale subito dopo l'esordio di Ossidi Seppia. Fu lui che pubblicò su «Pegaso», nel 1930, la prima novella di Alberto Moravia. Collaboratore del «Corriere della Sera» dal 1898 fino alla morte, ne divenne il direttore dal 1926 al 1927. Nel 1930 era stato fatto accademico d'Italia. Brillante uomo di lettere, aveva scritto: «Il giornalista è il solo scrittore che, quando prende la penna, non spera nell'immortalità». Ho ricordato Ugo Ojetti perché, riordinando ordine a una sezione della mia biblioteca, mi sono ritornati alle mani i sette vecchi volumi di Cose viste nella sobria ed elegante edizione che Arnoldo Mondatori aveva realizzato a cavallo fra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento. Cose viste è la raccolta dei suoi articoli usciti sul «Corriere della Sera» dal 1921 al 1938. In cose Viste - scrisse Giovanni Spadolini molti anni fa - Ojetti è giornalista «abile nell'uso del vocabolo, efficace nella presa immediata sul lettore, penetrante nel riprodurre le immagini della realtà che lo circonda»; «essenziale e asciutto», conclude, egli è «il vero protagonista» di quelle pagine.

Prima di ricollocarli al loro posto, ho preso in mano il primo di quei volumi, quello che compendia gli articoli scritti dal 1921 al 1923. L'ho sfogliato curioso, perché quelle pagine rievocano per me piacevoli letture di molti anni fa. Il caso ha voluto che il libro si aprisse sul titolo di un breve scritto: consigli ai deputati inesperti. Mi è venuto allora di pensare all'attuale Parlamento dove, dopo l'ultima rottamazione elettorale che ha messo fuori gran parte della vecchia guardia politica italiana, forse quelle poche pagine avrebbero potuto risultare utili a qualcuno dei più giovani neoparlamentari.

Ma avevo dimenticato il contenuto di quel breve articolo e allora l'ho riletto. In testa ci sono un luogo e una data: Firenze, 15 febbraio 1922. Poi Ojetti inizia a raccontare. I consigli non sono suoi, ma provengono da un uomo politico che «è stato deputato per parecchie legislature, una volta anche ministro; e adesso è morto. . .] Quando morì, i giornali gli dedicarono un necrologio di cinque righe appena. il suo nome, come capita spesso agli uomini politici, era quasi dimenticato». Dopo la sua morte, il figlio, nella biblioteca del padre - continua a raccontare ancora Ojetti - «ha ritrovato una gran busta gialla con su scritto: consigli a Paolo se mai si darà alla politica. Dentro, su fogli e foglietti di tutti i colori e dimensioni v'erano cento o duecento massime e aneddoti, e le più antiche risalivano addirittura ai tempi di Depretis». Il nome Paolo però è invenzione di Ojetti che per di più omette il nome del padre e specifica che, dopo che il figlio gliele aveva mostrate, lui aveva scelto, per pubblicare, solo alcune delle massime «evitando quelle che si riferiscono a uomini o fatti precisi».

Di quelle «cento o duecento massime» che aveva viste (e lette), Ojetti ne aveva trascritte nel suo articolo una trentina. Ne riportiamo quindici, quelle che ci sono sembrate le più attuali. Compongono poco più che un decalogo. Un decalogo e mezzo, per l'esattezza. Sono niente in confronto alle 305 raccolte in 58 argomenti (Rubricas) che il cardinale Mazarino aveva enunciato nel suo Breviario dei politici pubblicato nel 1684. Ma Mazarino (lui si firmava con una z sola) scriveva per chi aspirava a servire Luigi xiv, il re Sole, un monarca sfarzoso e assolutista, e il libro era destinato a un'élite politica così eccelsa e ristretta che le massime erano scritte rigorosamente in latino tanto che il titolo originale era Breviariurn Politico rum secundum rubricas Mazarinicas. Ciò nonostante, già sotto il regno di Luigi xiv, il successo del libro fu tale che dette luogo a più di dieci edizioni. In Italia invece comparve dopo e in italiano. Segno che se ne pronosticava un uso molto più democratico e "plebeo" perché destinato ad una élite politica giudicata (forse ingiustamente) di più scarsa consistenza. Ma ora torniamo al "breviario", quello estratto dal lascito politico-moraie del padre parlamentare (anonimo) dell'amico (sotto pseudonimo) di Ojetti. ricco allora, come ho già detto, le quindici massime che mi hanno più colpito, delle trenta che avevano più colpito Ojetti, delle «cento o duecento» che aveva scritto per il figlio l'anonimo parlamentare:

 1.Nei parlamenti hanno corso solo quelle verità un po'invecchiate che cominciano a diventare bugie.

2. Il vero uomo politico deve essere forte e parere accomodevole. Il vero uomo            deve essere accomodevole e parere forte.

3. Un gruppo parlamentare si può dir solido quando tutti i suoi aderenti abbiano accettato questa massima: - Io crederò a tutto quello che mi dirai tu; tu crederai a tutto quello che ti dirò io.

4. Se vuoi ottenere un favore da un ministro, è inutile che gli voti contro. Basta che tu confidi a un amico di lui che intendi votargli contro.

5. Riconciliati al momento buono coi tuoi nemici, ma davanti a tutti, storicamente.

6. Gran bella qualità, in politica, la paura. Ma abbi cura di chiamarla prudenza tattica, tradizione, disciplina, amor di patria ecc.

7. Quanto grasso di bugia occorre, in un Parlamento, per mettere in moto la macchina della verità?

8. Abbi, o Signore, pietà d'un presidente del Consiglio. Egli sa quello che non si fa.

9. Nazione, Parlamento: moglie giovane, marito vecchio.

10. Se vuoi offendere un avversario, lodalo a gran voce per le qualità che gli mancano.

11. Il  lusso più pericoloso è dir male di te stesso.

12. Se t'occupi di politica estera, ricordati che l'azione d'un diplomatico consiste tutta nell'impedire che altri agisca.

13. Se vuoi riuscire a sapere qualcosa, fingi di saperla.

14. Insegna sempre un poco meno di quello che sai.

15. E bene avere una fede; è male mostrarla.

Ecco, questo è il breve, brevissimo Breviario che abbiamo dedotto dalle pagine di Ojetti. E chi, dopo averlo consultato e seriamente praticato, non vedesse le proprie fortune politiche ascendere a quelle vette che sognava, non dia tutta la colpa alla sua brevità (se fosse lungo, che breviario sarebbe?). Ne rilevi almeno la marcata ironia e la disinvolta morale e magari lo chiami Breviarium Ojettianum come farebbe, con Cicerone, un politico di primo rango. E sappia che sarebbe comunque ingiusto c riduttivo definirlo "il Bignami dei Parlamentari".
Antonio Fredianelli   scrittore
Il Governo delle Idee  n. 123 diretto da Gianni Conti

mercoledì 9 aprile 2014

Presentazione  del libro "Diario di un clochard"  sabato 22 marzo , a Londa (Firenze)
Articolo di stampa