DESIGN E QUALITÀ URBANA: IL
PROGETTO DEI DEHORS
di Massimo Ruffìlli
L'idea del sindaco Matteo Renzi
e del vicesindaco Dario Nardella di bandire un concorso internazionale di idee,
per stabilire ti pologie
e soluzioni progettuali dei cosiddetti dehors da adottare e realizzare nel
centro storico fiorentino, ha avuto una risoluzione decisiva e la città
comincia ad avere sotto gli occhi le prime realizzazioni. I concorsi di idee
sono sempre la strada migliore da percorrere per sviluppare un dibattito, una
riflessione collettiva, un percorso mirato a ottenere la qualità e le soluzioni
più opportune. Il concorso, bandito specialmente per decidere proposte di
arredo urbano in una città d'arte, è utile anche per poter vagliare soluzioni
d'avanguardia e anche progetti radicali, che i designer
di tutto il mondo vengono a proporre. Una città come Firenze con il delicato
equilibrio ambientale del suo centro storico non si può permettere un'anarchia
di tende, seggiole e tavolini che ostentino selvaggiamente le più disparate
fogge e dimensioni. D'altra parte, la storia del design fiorentino è nota a
livello internazionale per il movimento del design radicale degli anni
Settanta. Allora, Andrea Branzi con il gruppo Archizoom Associati, sosteneva
il filone "città senza architettura". Adolfo Natalini con il gruppo
Su-perstudio ricercava una architettura senza città. Lapo Binazzi e il gruppo
Ufo sosteneva il concetto di progettare oggetti senza architettura. 1 radicali,
anziché ragionare secondo le scale tradizionali dell'urbanistica,
dell'architettura e del design affrontavano il progetto della città ricercando
nel vuoto urbano una strategia per un nuovo modo di progettare e costruire.
L'idea era che la qualità dello spazio urbano dovesse essere ricercata
nei servizi, nella valorizzazione del bello e nell'interscambio virtuoso con le
altre discipline che la cultura del design aveva valorizzato: il marketing, il
turismo, la moda, l'arte antica e contemporanea.
Dal punto di vista della
cultura del design, dunque, l'operazione intentata ci appare corretta. Il
concorso di idee è sempre la storia migliore. Anche attraverso queste premesse
si è pervenuti a scegliere una soluzione sobria, armonica, di impatto minimo e
trasparente. Così piazza della Signoria ci appare, con queste nuove pedane,
vuota e ben articolata, anche se gremita di folle di turisti. Le vasche
trasparenti e gli ombrelloni di foggia tradizionale e di colore ocra come le
facciate dei palazzi ben si integrano con l'architettura preminente degli
edifici del centro. L'imposizione di una unificazione rigorosa è risultata
fondamentale ai fini del successo dell'iniziativa. Appare infatti sempre più
stimolante il rapporto dei nuovi allestimenti con le vecchie strutture per le
quali venivano adattati i materiali più vari: dall'alluminio anodizzato, al
ferro battuto, dal legno alla plastica, con coperture di tutti i tipi, ad arco
a tettoia inclinata a voltine ecc., senza rispettare il valore del vuoto urbano
delle piazze storiche fiorentine. È diventato impellente non dimenticare il
concetto di unificazione dello standard prescelto. Meno spazio si lascia alla
interpretazione dei singoli esercizi e meglio risulta l'immagine finale del
disegno urbano. Il concetto di "impatto volumetrico e invasivo" nelle
piazze del centro storico deve essere considerato come elemento prioritario.
La soluzione in effetti prevede aree delimitate da transenne, vetrate leggere
e trasparenti senza orpelli, senza grafiche o decorazioni ridondanti. L'unico
elemento che si ripete è il marchio della città: il giglio rosso che veicola ed
assembla materialmente il concetto di soluzione unitaria. Lo Urban quality design è il filone della disciplina che studia questo tipo di
progettazione che affronta la tematica alla scala dell'allestimento urbano,
oggi sempre più rivolto alla eco compatibilità ed alla eco sostenibilità
ambientale.
Firenze è destinata ad assolvere sempre di più al suo ruolo preminente
di meta d'eccellenza del turismo internazionale. L'evoluzione o involuzione, che
dir si voglia, del turismo non è e non può essere stata, negli ultimi anni,
orientata tanto alla qualità, quanto piuttosto alla quantità. È innegabile che
la domanda si orienta e si orienterà sempre di più verso un turismo di massa,
anche se permarranno delle nicchie riservate al turismo definito d'altra
gamma. Lo si voglia o no, dunque, resta la tendenza di un turismo di grandi
flussi. La realtà infatti è che immensi paesi come la Russia, l'India e la Cina
porteranno nuovi ed imponenti flussi di visitatori nella nostra città. La
qualità dei servizi si dovrà basare sempre di più sulla omogeneità degli
stessi con soluzioni tecnologiche avanzate, ma con altrettante soluzioni
formali di buon gusto, unificate e coerenti con l'alta qualità e gli standard
elevati che la città di Firenze dovrà sempre essere in grado di offrire ai suoi visitatori, anche
se arriveranno a frot- |
te sempre più numerose e frettolose.
te sempre più numerose e frettolose.
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Appare infatti pleonastico ritornare alle immagini di un nostalgico
turismo d'elite. Il turismo internazionale di questo inizio di terzo millennio
ci appare costituito da grandi masse, tuttavia ben informato dagli alti standard della comunicazione
telematica e molto intenzionato e motivato a visitare Firenze e a coglierne
gli aspetti universalmente riconosciuti salienti e caratterizzanti: una città
di storia, di cultura e di arte. La ricettività di questi flussi turistici è dunque un
aspetto fondamentale, anche se la prolificazione dei dehors può creare
problemi anche in relazione alla loro dimensione planimetrica e alla loro localizzazione
in prossimità dei monumenti del centro storico. È da osservare, a questo
proposito, che il valore dei differenti beni culturali si differenzia di piazza
in piazza. Piazza del Duomo è la meta principale dei turisti e il perimetro
della cattedrale, privo ormai del traffico veicolare, ben si presta alla
contemplazione della grande opera architettonica da ogni lato. Ben vengano
dunque i dehors, se ben posizionati e
calibrati nel rapporto con la vista e il rispetto delle immagini prospettiche
monumentali.
Per quanto riguarda invece la parti absidali e laterali della
cattedrale, si impone urgentemente un tempestivo intervento di restauro e di
pulitura delle facciate che appaiono da lunghi anni in stato di abbandono e
degrado. Per quanto riguarda piazza della Repubblica - la piazza ottocentesca,
definita "il salotto di Firenze", porta di accesso alle strade dello
shopping e del più elegante centro commerciale fiorentino - i dehors
vi sono installati da sempre in ogni lato ma si presentano disomogenei e molto
impattanti. I bar, che testimoniano una storia e una tradizione d'eccellenza,
non devono apparire all'esterno come una sequenza di padiglioni scompagnati
con una varietà di coperture e di sostegni strutturali di varie dimensioni con
accostamenti cromatici e di materiali tutti differenti. Anche in questa piazza,
meno monumentale e più commerciale, si impone una progettazione il più
possibile unitaria e l'adozione di pedane e coperture meno ingombranti,
rivolte alla sobrietà e all'armonia, il più possibile coerenti alle
installazioni leggere previste per tutti gli altri dehors del centro storico
fiorentino. Per piazza della Signoria infine, come abbiamo già detto precedentemente,
le nuove vasche trasparenti e gli ombrelloni di fogge tradizionali e unificate
conferiscono all'insieme un'immagine armonica e integrata che può fungere da
modello per tutte le altre installazioni del centro storico.
Massimo Ruffilli Professore Ordinario Università di Firenze Design
Tratto dalla Rivista mensile “Il Governo delle idee” diretta da Gianni
Conti
(giugno2012)