mercoledì 9 maggio 2012


La Grande porta di Firenze

Di fronte all'ipotesi del nuovo stadio sull'area Mercafir, benin­teso con il resto di edilizia che si porta dietro perché non di solo stadio stiamo parlando, gli architetti fiorentini hanno avanzato all'Amministrazione pesanti critiche: «Basta con le varianti al Piano regolatore, Firenze ha bisogno di una pianificazione ordina­ta, non a macchia di leopardo». Leggendo queste parole sono rima­sto sconcertato: non pensavo che anche la nuova generazione, che ora gestisce l'Ordine, fosse legata alla concezione sovietica dei piani quin­quennali. Questa andava di gran moda quando ero giovane studen­te, ma la mia generazione in larga parte si è resa conto di quanti dan­ni abbia arrecato l'ideologia del "piano a tutti i costi". Possibile che la terza generazione di architetti non abbia imparato la lezione? Le dinamiche economiche e sociali in cui viviamo sono sempre più veloci e i cambiamenti si susseguono rapidi. Il vecchio modello di pianificazione non è in grado di gestirle. Per questo la Regione To­scana ha introdotto il doppio binario del Piano strutturale e del Re­golamento urbanistico: il primo rappresenta la cornice strategica del­le scelte di pianificazione, il secondo - non a caso ridotto al rango di regolamento - definisce le scelte di governo del territorio. Ma bada­te bene: il Regolamento urbanistico non è la forma esclusiva di go­verno del territorio, perché accortamente il legislatore lo ha posto sul­lo stesso livello degli altri piani di intervento, cioè dei piani complessi, dei piani attuativi e degli accordi di programma. La Regione Tosca­na ha predisposto dunque gli strumenti per un governo del territo­rio più agile e dinamico, mettendo nel cassetto il vecchio modello so­vietico del piano onnipresente, che pretende di programmare l'im-programmabile. Oggi è necessaria una pianificazione flessibile, snella, che sappia cogliere al volo e gestire le opportunità di investimento, in un quadro  coerente di obiettivi pubblici .

Già il piano Detti , in una lungimirante visione di Firenze proiettata nella piana di Prato e di pistoia , aveva previsto uno sviluppo lineare della città  Un asse viario attrezzato , da San Salvi a castello , avrebbe costituito il supporto dei nuovi insediamenti, nei quali decentrare par­te delle attività direzionali del centro storico. L'asse attrezzato non è mai stato realizzato, ma il decentramento previsto da Detti è avvenu­to ugualmente e viale Guidoni ne è diventato l'asse portante, con l'in­sediamento universitario a Novoli, il Palazzo di giustizia, la sede del­la Cassa di risparmio e l'aeroporto. La linea due della tramvia diven­terà l'infrastruttura di comunicazione che legherà il nuovo polo di viale Guidoni al centro storico di Firenze e agli insediamenti della piana, primo fra tutti il polo universitario di Sesto. La tramvia prenderà dun­que il posto del vecchio asse stradale di Detti: non più un'autostrada urbana, ma un sistema moderno di trasporto pubblico su rotaia. Ebbene, l'area Toscolombarda si trova proprio al centro di quest'as­se, di fronte alla sede della Cassa di risparmio e al Palazzo di giusti­zia. E questo il nodo in cui Firenze sta costruendo il suo nuovo vol­to, la porta che racchiuderà l'immagine della città per chi la raggiun­ge dall'esterno. Questo nodo dovrà dunque distinguersi per una forte immagine architettonica e urbana, come quella delle antiche porte medievali, come quella che Giuseppe Poggi attribuì alle piazze del suo viale di circonvallazione. Se guardate l'architettura che Giorgio Gras­si ha dato alla sede della Cassa di risparmio vi renderete conto che egli ha ripreso l'immagine antica della città ideale albertiana: una quinta modulare e omogenea di facciate che implica e determina lo spazio antistante. Fatte le debite proporzioni, il meccanismo è quello del por­tico degli Innocenti di Filippo Brunelleschi che, collocato a lato del­la Santissima Annunziata, ha determinato uno spazio urbano al qua­le si è necessariamente adeguato l'edificio antistante. Così lo Spedale brunelleschiano già implicava una piazza fra le più belle del mondo. La monumentalità del Palazzo di giustizia di Leonardo Ricci non dà vita a uno spazio urbano, semmai lo disarticola. Ma è capace di por­si come elemento monumentale e focale delle visuali per chi arriva da viale Guidoni. Di fronte a essa l'elegante auditorium Telecom di Gio­vanni Michelucci costituisce un secondo elemento di sobria monu­mentalità. La modularità asettica di Giorgio Grassi implica invece la realizzazione di una piazza, il cui lato opposto non potrà che avere un impianto analogo, con le facciate degli edifici allineate parallelamen­te a quelle di Grassi. In questa piazza il monumento di Ricci vedrà accentuato il suo slancio verticale e il carattere di pezzo unico, di so­litaria e irripetibile opera d'arte; così il lato della piazza che farà da sfondo a chi arriva da fuori vedrà confrontarsi Michelucci e Ricci, le due anime opposte della scuola di architettura fiorentina: la regola aurea dell'armonia e la sregolatezza della forma fine a se stessa.

Dobbiamo dunque abbandonare un'urbanistica arida e pseudoscien­tifica, fatta di numeri e di destinazioni dei suoli, per tornare a un'ur­banistica che progetti innanzi tutto il volto e l'immagine della città, cioè la sua anima. Se la grande piazza monumentale non si formasse e si lasciasse venir su la lottizzazione privata come semplice alternar­si di edifici isolati, ciascuno nel suo piccolo lotto di parcheggi e di giardinetti, come è avvenuto nel resto del quartiere, avremmo perso un'occasione irripetibile per dare un'immagine forte all'ingresso di Firenze e per costruire un cuore nel disarticolato coacervo di case che formano Novoli.


Renzo Marietti, architetto e urbanista
tratto da il governo delle idee marzo 2012  n. 109

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